handandland
Irene Coppola, 2024
L’opera è una traccia poetica in neon soffiato installata lungo il corridoio del porticato che conduce all’area di produzione della Cantina, destinata alla lavorazione delle uve. Le spirali, da cui emergono le parole hand and land, si rifanno alla struttura del viticcio tipico delle piante rampicanti come la vite, ovvero l’estensione tattile che le permette di sostenersi e crescere più in là del fusto. La lunga prospettiva invita il fruitore a incedere per scoprire il contenuto di quello che sembra essere un testo. Il linguaggio viene decostruito in un disegno luminoso di forme che omaggiano il lavoro nelle vigne e la conoscenza tattile di quel profondo legame tra corpo e natura. La parola inglese and congiunge e al contempo si moltiplica nelle parole hand (mano) / land (terra) diventando una sorta di mantra dove il segno si fa e si disfa di continuo, in un gioco di corrispondenze, potenzialmente infinito, tra significante e significati. La traccia calligrafica galleggia in maniera dinamica e irregolare sulla geometria dell’architettura industriale circostante, ponendosi in un delicato dialogo con il lento processo di produzione del vino che parte dalla cura della terra sino all’imbottigliamento in vetro dell’eccellenza locale, il Franciacorta.
Nata nel 1991 a Palermo, Irene Coppola indaga lo spazio liminale tra natura e cultura e il display come dispositivo politico attraverso diversi media che vanno dalla scultura, al video, all'installazione ambientale. Partecipa a residenze artistiche in Italia e all’estero, tra cui: AndAndAnd per Documenta13, PACA_Proyectos Artisticos Casa Antonino (Spagna), Dolomiti Contemporanee, La Wayaka Current (Panama/Cile). Nel 2019 vince la VI edizione dell’Italian Council e nel 2021 pubblica Habitat 08°N edito da Viaindustriae. Vince Cantica21, premio sostenuto dal MiC e dal MAECI, con un’opera inedita destinata alla collezione permanente del Museo RISO di Palermo. Nel 2022, su invito dell’Istituto Italiano di Cultura a Dakar, realizza una nuova installazione come progetto collaterale della biennale di Dak’Art. Nel 2023 è fellow artist della Fondazione Studio Rizoma a Palermo e nel 2024 porta avanti la sua ricerca in Cile con il supporto della XII edizione dell'Italian Council. Tra le mostre personali e collettive ha esposto presso: IIC di Dakar, FPAC, PAV, Palazzo Strozzi, Palazzo Re Rebaudengo, Cercle Cité, Palais De Tokyo.
Eroi di Luce
Igor Mitoraj, 1991
Eroi di luce è una testa recisa dal sogno con l’inserto di una testa velata. C’è la visione sincera e crudele dell’artista: “Non penso allo spettatore – dice Mitoraj – mi esprimo attraverso dei frammenti perché la parte invisibile è molto più importante”. La statua rimane un frammento luminoso, isolato rispetto alla struttura della cantina. Le fa da cornice il cielo che a volte sembra accendere il colore bianco del marmo e il profilo verde della collina di Ca’ del Bosco.
Igor Mitoraj è nato a Oederan, in Germania, da madre tedesca e padre ufficiale della Legione Straniera. È sopravvissuto ai bombardamenti di Dresda nella fine dell’incubo del 1945. È cresciuto a Cracovia dove il suo insegnate è stato Tadeusz Kantor. Raggiunge Parigi, l’École Nationale Superieure des Beaux Arts, nel 1968. Non appagato, si muove in Messico dove studia l’arte Azteca. Viaggia poi tra Montmartre, Soho e la Grecia Classica dove le sue opere traggono l’ispirazione più evidente. Scompare nel 2014.
Cancello Solare
Arnaldo Pomodoro, 1987
Una struttura di 5 metri di diametro che si apre in due semicerchi di 25 quintali ciascuno. La conclusione della progettazione è avvenuta nel 1987, mentre la realizzazione dell’opera è terminata nel 1993. L’opera, posizionata all’ingresso di Ca’ del Bosco, è stata commissionata da Maurizio Zanella che ha incaricato Arnaldo Pomodoro di realizzare un cancello che rappresentasse un ingresso emblematico verso le vigne e l’intera proprietà. Il cancello circolare, con punte rivolte verso l’alto simili a frecce, rappresenta e introduce alla consacrazione del rapporto tra vino e arte: un grande sole perché, come afferma lo stesso Zanella, “è il sole il vero nutrimento dell’uva che, proprio come il sole, con i suoi raggi riscalda e illumina i dolci colli di Ca’ del Bosco”.
Arnaldo Pomodoro nasce in provincia di Rimini e, dopo gli studi di architettura, esordisce come disegnatore, decoratore ed artigiano del metallo. A Milano frequenta l’ambiente artistico dell’Accademia di Brera nel periodo degli anni ’50. Nel 1954 inizia ad esporre in Italia e all’estero. Oggi sono numerose le sue opere presenti nelle piazze del mondo e l’artista è ormai considerato il più grande scultore contemporaneo italiano. Famoso soprattutto per le sue particolari sfere di bronzo che si scompongono, si rompono, si aprono davanti allo spettatore rivelando la complessità dell’interno.
Elogio Dell'Ombra
Bruno Romeda, 1994
La scultura, collocata nel laghetto di Ca' del Bosco, sembra fare da cornice alla natura dominante ma, allo stesso tempo, in un gioco di riflessi d’acqua, si intreccia tra le foglie e geometricamente modifica la visione del luogo. Il senso della leggerezza contrasta con la solidità della struttura.
Bruno Romeda nasce a Brescia, ma vive e lavora tra la città natale, la Francia e New York. Le sue opere hanno varcato le soglie delle più importanti gallerie d’arte del mondo. Cerchi, spirali, quadrati e triangoli rappresentano il repertorio più amato dell’artista, espresso in forme geometriche semplici, quasi primordiali, rese da sottili strisce di bronzo dallo spessore irregolare. Le linee sembrano ispirarsi ai graffiti della Valle Camonica. L’artista inizia “sul campo” nei primi anni Cinquanta, ad Antibes, a contatto con geni incontrastati come Picasso, e prosegue in America, negli anni Sessanta, durante il periodo di massima espressione del minimalismo. Le sue opere essenziali e leggere, fatte di vuoti e di pieni, sono pensate per fondersi con il paesaggio e la natura circostante.
Codice Genetico
Rabarama
La scultura sembra trovarsi in una condizione di stasi o di lento risveglio, in una sorta di lenta ripresa da un assopimento non solo del corpo ma anche della coscienza. La figura è accovacciata, stretta a se stessa, rannicchiata in una posizione fetale. Sembra dischiudersi lentamente. Il viso esprime delicatezza, una fragilità d’anima che si esprime ancor più grazie ad una “pelle” del tutto particolare, costituita da frammenti di puzzle colorato. Un’epidermide a scaglie in cui sono nascosti codici e linguaggi: un tracciato da leggere o una mappa da decifrare. Sembrano fare da filtro e confine tra il dentro e il fuori, pur delineando la nudità.
Rabarama, pseudonimo di Paola Epifani, nasce a Roma nel 1969. Fin da piccola dimostra di un talento innato per la scultura: a 10 anni partecipa alla Mostra Internazionale per il 30º Anniversario della Nato. Frequenta il Liceo Artistico e poi l’Accademia di Belle Arti di Venezia dove si diploma nel 1991. nota per le sue opere scultoree incentrate sulla figura umana e contraddistinte da una singolare intensità espressiva. Le sue gigantesche sculture in metallo (bronzo, alluminio) si collocano in genere a terra. Le sue opere sono quasi sempre decorate con pattern, texture o disegni che nelle sculture in metallo sono colorati a mano. Dal 2000 le sue opere cominciano ad essere esposte presso i più prestigiosi musei italiani e stranieri, in particolare negli USA e a Parigi.
Il peso del tempo sospeso
Stefano Bombardieri, 2003
Colpisce e lascia confusi la collocazione dell’opera all’entrata dell’area vinificazione della cantina. Un rinoceronte a grandezza naturale sospeso al soffitto in un fiero gioco iperrealista. L’animale è simbolo di vitalità ed energia e qui si trova imbragato quasi a farci riflettere sul senso della natura morta ma che alla fine desta sorpresa e lascia un’immagine intensa e violenta.
Stefano Bombardieri è bresciano e figlio d’arte. Suo padre è scultore e con lui sperimenta agli inizi l’uso della tecnica artistica e dei materiali. Ma l’espressività nasce nel parco dei divertimenti di Gardaland dove, giovanissimo, ha lavorato per costruire balene, rinoceronti, mostri marini, fantastici o preistorici. Tutto quello che serve allo spettacolo del divertimento quotidiano. Stefano Bombardieri è diventato un grande giocoliere dell’arte. Ci trasmette meraviglia, ci fa stupire, ci diverte, ma allo stesso tempo ci porta a riflettere sulle cose apparentemente banali.
Il Dioniso
Bruno Chersicla, 1985
L'artista trasforma il dio Dioniso in una maschera lignea divertente, in un clown che esce da un bicchiere a forma di flûte. Il disegno sembra quasi ispirarsi ad una vetrata gotica, dove le forme dell’uva e delle foglie si diramano quasi a ricordare dei tralci di vite. Lo stile ironico e assolutamente sintetico esprime la naturalità del dio del vino, ma allo stesso tempo ne sottolinea la giovialità, il sentimento leggero, lo scherzo e l’inganno, che si intuiscono nell’espressione leggermente beffarda del viso.
L’artista Bruno Chersicla Nasce a Trieste, ma vive a Milano dal 1966. Ha realizzato opere pubbliche di eccezionale spessore che vanno dalla scultura lignea alla xilografia. Nella scultura contemporanea l’artista ha creato opere che si definiscono costruite, nel senso che si aprono – proprio perché snodate – per formare immagini diverse, fatte di parti di legno ritagliate, levigate e colorate, che diventano quasi parti meccaniche e lasciano spazio a nuove interpretazioni. Artigianalità e modernità si intrecciano nel movimento diventando un gioco di forme. Tra le più conosciute, le porte sculture del ristorante Savini di Milano e il Dioniso di Gualtiero Marchesi al ristorante Il Marchesino.
Blue Guardians
Cracking Art, 2010
Nel 2009 Maurizio Zanella chiede al Cracking Art Group di cercare l’immagine di un animale che possa trovare la propria collocazione ideale nella tenuta di Erbusco, tra i vigneti e il bosco. Nasce l’idea del lupo, di un lupo guardiano, in posizione attenta, ma benevola. Le linee del disegno tracciano i contorni di un lupo quasi ieratico, addolcito da un lieve sorriso beffardo. Il bozzetto diventa forma plastica e nasce il Blue Guardian, in un blu volutamente “di rottura” con i colori neutri della tenuta.
Cracking Art, corrente artistica che nasce nel 1993, riunisce un gruppo di sei artisti (Nucara, Veronese, Angi, Rizzetti, Kicco e Sweetlove) che si esprimono ciascuno in forme diverse, con forti linguaggi individuali. Cracking significa “spaccatura, divisione”. Con il processo del cracking catalitico, la materia naturale più antica dell’universo, il petrolio, da elemento naturale si trasforma in elemento artificiale, diventando materiale plastico, riciclabile. Cracking Art crea forme che simulano la natura, attraverso animali che trasmettono un “indistruttibile ottimismo”, come lo definisce il critico artistico Piero Adorno.
Gravity and untitled column
Rado Kirov, 2014
L’effetto mercurio, così chiamato dall’artista, rappresenta il mezzo con il quale Rado Kirov esprime la sua nuova passione per la scultura e la sua maestria nel trattare l’acciaio inossidabile.
Rado Kirov nasce in Bulgaria nel 1955. A 25 anni è apprendista artigiano del rame sotto l’ala di Alexander Raev, uno dei migliori artigiani del tempo. La passione e l’abilità nel lavorare il rame si spostano poi sull’argento e sull’oro. Rado Kirov ha sviluppato una tecnica unica nel manipolare una lamina di acciaio manualmente, utilizzando le proprietà fisiche intrinseche del metallo per creare una superficie tridimensionale sorprendente che rispecchia in modo dinamico ciò che la circonda e attira l’osservatore nella magia del suo riflesso.
Egg Concept
Spirito Costa, 2014
Egg Concept è un uovo creato da 6.000 gusci d'uovo veri. Sotto il profilo estetico l’opera Egg Concept può essere inserita sia in un contesto di Arte Povera, per l’uso di materiale riciclato, di tutti i giorni e di basso valore economico, sia di Arte Concettuale in quanto riflessione sul concetto di arte e sul suo ruolo.
Spirito Costa ha origini brasiliane che l’hanno resa particolarmente sensibile alle tematiche ecologiche, soffrendo, sulla pelle, il trauma della foresta amazzonica. Per sollecitare la riflessione su questo problema centrale per la vita del mondo intero, l’artista ha realizzato l’opera “Eggs Concept”, il cui messaggio può essere universalmente compreso per l’uso preponderante della simbologia dell’uovo, ampiamente condivisa in tutti i tempi ed in pressoché tutte le culture.
Water in dripping
Zheng Lu, 2016
Water in dripping ripropone il legame intrinseco tra la scultura e i testi letterari che ne hanno ispirato la realizzazione. L’artista sceglie un componimento di un famoso poeta del periodo Tang, Pai Chu-I (noto anche come Bai Juyi) che funge da elemento testuale di fondo per l’opera. Attraverso l’esplorazione del movimento naturale dell’acqua, il poema, incorporato nelle forme scultoree, narra di un viaggio simbolico natura-mobilità. Torreggiante e aggraziata, e nondimeno attraente, l’installazione è degna di nota anche per l’illuminazione soffusa, con improvvisi bagliori che enfatizzano i contorni dell’intero manufatto.
Zheng Lu nasce nel 1978 a Chi Feng, in Mongolia. Studia scultura presso l’Accademia di Belle Arti Lu Xun e si specializza, sempre in scultura, prima all’Accademia Centrale di Belle Arti, poi in Francia dove nel 2006 conquista la Borsa Prix LVMH, frequentando l’École Nationale Supérieure des Beaux-arts di Parigi. Tra i premi ottenuti, l’Inspired Performance Journey, il Gran Premio INFINITI, il 4° posto alla Competizione Design For Sitting del 2009, il Premio Miglior Tecnica ed il Premio LVMH Giovani Artisti “Omaggio agli Impressionisti ” nel 2005.
Zolla Natura
Bertozzi & Casoni, 2017
Gli artisti nel tempo hanno sviluppato una ricerca che concentrasse l’attenzione su porzioni di natura, una sorta di campionario immaginario in cui una lente di ingrandimento metta in evidenza quello che la terra può ospitare, una sorta di memoria sul passaggio dell’uomo. Questa zolla porta a riflettere su quanto possa essere un’esperienza estetica il mettere una lente su una porzione di terra: piccoli fiori, libri abbandonati o trovati che raccontano di un sapere di passaggio, erba e sassi. Al centro di questo microcosmo è inserita la bottiglia, che racchiude in sé tutte queste sensazioni.
Bertozzi & Casoni è una società fondata nel 1980 a Imola da Giampaolo Bertozzi (1957) e da Stefano Dal Monte Casoni (1961). Già durante la prima formazione artistica i loro interessi si indirizzano verso un dialogo con la grande tradizione dell’arte e coltivano una originaria vocazione per la sperimentazione in campo scultoreo, vedendo nella ceramica una possibilità per una scultura dipinta. Tra le occasioni espositive si ricordano: Tate Liverpool (2004), Sperone Westwater, New York (2005, 2010, 2015), Ca’ Pesaro, Venezia (2007), Castello Sforzesco, Milano (2008), Biennale di Venezia (2009), Biennale di Venezia (2011), All Visual Arts, Londra (2012), Museum Beelden aan Zee, l’Aia e Beck & Eggeling, Düsseldorf (2013), Palazzo Te, Mantova (2014), Expo, Milano e Mambo, Bologna (2015), GAM, Palermo (2016), Museo di Palazzo Poggi, Bologna e Pinacoteca Civica, Ascoli Piceno (2017).
Testimone
Mimmo Paladino, 2017
La sua presenza imponente è figlia dei Testimoni nati nel 2009 dagli echi delle celebri madri del Museo Campano di Capua. Qui veglia sul tempo e sulla storia. Con la sua iconica potenza custodisce, disarmato e disarmante, il prezioso tesoro celato nelle botti assopite nella penombra.
La riflessione artistica di Mimmo Paladino, nato nel 1948 a Paduli, si sviluppa a partire dalla fine degli anni ’60. Affascinato dal clima culturale dell’epoca, tra arte concettuale e Pop Art americana, i cui artisti più rappresentativi avevano esposto alla Biennale di Venezia del ‘64, Paladino incentra la sua prima attività sulla fotografia, associata spesso al disegno, tecnica a lui particolarmente congeniale. Gli anni ’70 vedono affermarsi, sempre più incisivamente nel suo percorso, l’interesse per la figura: dalle iniziali sperimentazioni concettuali l’artista trasferisce la propria attenzione sulla pittura figurativa. Strutture geometriche e oggetti quali rami e maschere campeggiano sulle tele dai colori decisi. Nel 1978 è a New York dove inaugura, l’anno successivo, mostre personali alla Marian Goodman Gallery e alla Annina Nosei Gallery. Nel 1980 partecipa alla Biennale di Venezia nella sezione ‘Aperto ’80’ di Achille Bonito Oliva’, ed insieme a Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e Nicola De Maria, dà vita alla ‘Transavanguardia’. Nel corso degli anni ’80 la sua arte diviene sempre più referenziale e sulle superfici dalle ampie dimensioni e di grande impatto visivo, l’artista rappresenta la vita e il mistero della morte. Le tecniche usate sono diverse: dal disegno all’incisione, all’inserimento nelle tele di elementi tridimensionali. Dal 1985 si dedica alle grandi sculture in bronzo e alle installazioni. Celebre l’intervento in Piazza del Plebiscito a Napoli dove realizza una enorme montagna di sale su cui pone sculture con forme animali e umane. Negli anni ‘90 intensifica con successo l’attività all’estero.
Sound of Marble
Tsuyoshi Tane, 2021
Il concetto di Sound of Marble si basa sull'interazione tra marmo, suono e luce. L'opera indaga sulle qualità ancestrali della pietra messa in relazione con la sfida innovativa di realizzare pareti molto sottili che siano al tempo stesso curve e autoportanti. Una volta entrati nell'opera, l'idea dell'artista è quella di amplificare i suoni della natura, come quelli del vento e degli uccelli, grazie alla forma e allo spessore conferiti al marmo stesso. Inoltre la tipologia di marmo scelta, Estremoz, è in grado di assumere colorazioni diverse attraverso le venature presenti nella pietra che cambiano il loro aspetto con la pioggia.
Tsuyoshi Tane è un architetto giapponese che lavora a Parigi. Si è laureato presso la Hokkaido Tokai University nel 2002 e ha acquisito esperienza professionale a Londra, in Danimarca e in Giappone. Tsuyoshi Tane è considerato uno degli esponenti della nuova generazione di architetti emergenti che creano un’architettura guidata dalla memoria di un luogo, l’idea su cui si basa il concetto da lui sviluppato di “archeologia del futuro”. Con Tsuyoshi Tane la memoria torna a costruire il futuro con segni ricchi di significati, alternativi rispetto alle identità volatili e ai rapidi flussi informativi della contemporaneità. I luoghi possiedono sempre ricordi integrati profondamente nel terreno. Questo processo di pensare a fondo, dal passato verso il futuro, lentamente trasforma l’archeologia in architettura.